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E' infatti un pezzo da novanta come Salvador Dalì a nobilitare la primavera museale. La mostra, dal titolo Salvador Dalì: l'uomo, l'artista, dovrebbe (le date sono ancora provvisorie) essere inaugurata il primo venerdì di marzo e dovrebbe durare sino a giugno.
Perchè "l'uomo, l'artista"? Perché in lui questi due aspetti erano fusi, senza mai presentarsi da soli. Era l'uomo ed insieme l'artista. La sua vita stessa era arte. Lui stesso era arte. Non è strano leggere, sul suo Diario di un genio, una frase del genere: "Gli asini vorrebbero che io seguissi gli stessi consigli che dispenso agli altri. È impossibile, poiché io sono completamente diverso".
Nato a Figueres, Dalì è insieme eclettico genio dell'arte, pittore, scultore, cineasta, ma soprattutto uno dei più intriganti interpreti del Surrealismo. Dalì è l'incarnazione perfetta del surrealista: evoca, rimanda, invoca, produce associazioni libere, lascia andare la fantasia, libera la mente dagli schemi raziocinanti. L'arte ha, per sua natura, gli stessi meccanismi del sogno.
Dalà fu un uomo dotato di una grande immaginazione ma con il vezzo di assumere atteggiamenti stravaganti per attirare l'attenzione su di sé.
Tale comportamento ha talvolta irritato coloro che hanno amato la sua arte tanto quanto ha infastidito i suoi detrattori, in quanto i suoi modi eccentrici hanno in alcuni casi catturato l'attenzione del pubblico più delle sue opere.
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