Noi credevamo di Mario Martone è certamente un film dalle grandi ambizioni. Il desiderio del regista sembra infatti tanto offrire un quadro storico dell'epoca risorgimentale, quanto scendere nel dettaglio dell'esperienza di quegli uomini comuni che il Risorgimento lo hanno vissuto. Oltre a questi due intenti, Martone cerca anche di rintracciare nell'andamento e nell'esito vicende di quegli anni una sorta di origine dei mali che negli ultimi decenni hanno scosso l'Italia. Strumento di questa analisi storica e sociologica sono i tre protagonisti: i nobili fratelli
Domenico (Edoardo Natoli, poi Luigi Lo Cascio) e Angelo (Andrea Bosca, poi Valerio Binasco) e il giovane popolano
Salvatore amici sin dall'infanzia. Diversi in tutto, i tre sono accomunati dal forte senso patriottico che li spinge a unirsi giovanissimi a
La giovine Italia di Mazzini. Come ci si può facilmente immaginare, ben presto la loro amicizia si spezzerà a causa della differenza di classe e del diverso modo di intendere la lotta per la libertà. Mentre
Domenico è il puro che ha cieca fede nella repubblica il cui agire mai sconfina nell'attività criminale impulsiva e sconsiderata,
Angelo è il radicale, le cui azioni si fanno sempre più violente durante l'arco del film. Ad
Angelo basta poco per sospettare del tradimento di
Salvatore e ucciderlo in un accesso d'ira, delitto che continuerà a lacerargli l'anima fino alla fine dei suoi giorni.
FONTE
Redazione laperitivo.it